Girando per il mercato specifico per bonsai, tra i vari stand, improvvisamente vidi un melograno. A provocare il colpo di fulmine era stato il tronco: nella mia testa apparve già finito, cioè come doveva trasformarsi a lavoro fatto. Senza pensarci troppo lo comprai.
Voglio illustrarvi la lavorazione per trasformare questo melograno in un austero bonsai: sicuramente il cammino per trasformarlo sarà lungo e con vari livelli di difficoltà.
Nonostante avessi già in mente chiaramente il disegno finale della pianta, frenando la voglia di iniziare immediatamente la lavorazione, ho studiato e valutato altre soluzioni.
Dopo un periodo di riflessione e di osservazione della pianta da più angolazioni e inclinazioni, in fine ha prevalso l’idea iniziale da cui ero stato folgorato: per prima cosa ho travasato il melograno in un vaso da coltura, col suo panetto di terra e senza intervenire in alcun modo sulle radici, visto che il periodo non era dei più adatti, ma ancorandolo con accuratezza al vaso con del filo di rame per renderlo il più possibile stabile in previsione della lavorazione da farsi sul tronco, quindi l'ho collocato all’ombra lasciandolo riposare per 15 giorni.
Segnato il fronte della pianta e individuate lungo il tronco le vene vive e morte, ho eliminato i rami ritenuti superflui, ottenendo così un primo abbozzo della pianta rispetto al disegno finale.

Ad ottobre rifinirò la legna secca, a febbraio marzo farò una prima impostazione della pianta tramite potatura, a giugno imposterò i rami col filo, ritenendo questo il periodo migliore per avvolgere i rami riducendo sensibilmente il pericolo di rottura degli stessi.
Questa è solo la prima parte del lungo cammino che mi aspetta per arrivare al risultato finale.
SECONDA PARTE DELLA LAVORAZIONE
Ho ripreso la lavorazione del Melograno a Gennaio 2015. Ho avuto molto tempo per osservarlo e questo mi ha portato a una decisione difficile ma importante, che a mio avviso conferisce alla pianta un carattere maestoso e vecchio: creo un Sabamiki.
Anche se questa lavorazione è difficile da mantenere, a causa dei fenomeni di marciume e di attacchi fungini del legno, che si generano specialmente all’altezza del nebari essendo sempre a contatto con il terreno.

Preciso che durante la lavorazione non sono mai arrivato a toccare zone vive del legno, quindi alla fine ho fatto una lieve passata con la fiamma e raffreddato il tutto Lavando con acqua.
Al termine ho protetto la zona con liquido per Jin puro senza nessuna miscela, perché a mio avviso un tronco cavo non deve essere bianco, come i jin, ma più scuro.
Sono molto soddisfatto del risultato ottenuto e tra qualche giorno rivedrò il lavoro e interverrò qualora occorra definire alcune rifiniture e tratterrò lo scavo del tronco con il Paraloid diluito 8-10% per proteggere il legno secco (uso questa percentuale di diluizione perché ad essicazione avvenuta del prodotto non lascia alcuna patina bianca).
TERZA PARTE DELLA LAVORAZIONE
A marzo, visto lo stato di salute della pianta, ho provveduto al rinvaso in un vaso bonsai, preciso che la posizione non è quella finale per non tagliare ulteriormente le radici. Mi riservo di eseguirlo l'anno prossimo valutando l'evoluzione della pianta. Il vaso scelto, per completare la cornice come per un quadro, è in gres, perché a mio avviso è quello che fa risaltare di più, visto il tipo di lavorazione.
Questa è la fine della terza parte della lavorazione, a giugno farò una prima impostazione della chioma tramite potatura e filo.
Il cammino non è ancora finito.